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Scritto ascoltando: Muse – Time Is Running Out

Giusto qualche mese fa parlavo delle grandi possibilità legate al real time marketing, uno strumento dal notevole impatto, capace di dare visibilità e avvicinare brand e persone, umanizzando la comunicazione. Ma come tutti gli strumenti a fare la differenza è come vengono utilizzati così come il RTM deve essere sviluppato al meglio per dare risultati.

Proprio per questo oggi ne parliamo con una delle più importanti professioniste della comunicazione digitale italiana, Rachele Zinzocchi, una persona che stimo profondamente e che vi invito, se già non lo fate, a seguire attentamente.

Ciao Rachele e benvenuta su My Social Experience. Sarà banale, ma bisogna sempre partire dalle presentazioni. Raccontaci chi sei e cosa fai nella vita…

Sono una… “filosofa prestata alla comunicazione”! Web communication e social media manager a 3 Italia (ma oggi parlerà puramente a titolo personale- n.d.r.), lavoro da anni nella comunicazione come Social Media Manager R&D, giornalista, PR manager, conference manager, autrice TV. E da sempre il «longlife learning», apprendimento permanente e formazione continua, sono il mio imperativo. Tradotto… Decine di articoli al giorno, dalle principali testate internazionali di news, siti e blog, al cui studio mi autocostringo grazie alle altrettante notifiche e newsletter masochisticamente scelte e attivate perché nulla mi sfugga!

Collaboro inoltro con libri e riviste, ho insegnato in più Master, in particolare a IED Milano, partecipo spesso come speaker a convegni, incontri, forum. Che abbia il pallino del #SocialCare è noto. Per dire chi sono, però, basta una parola, anzi due: filosofia teoretica. Di cui mi sono innamorata a 15 anni leggendo Heidegger in lingua originale – ogni sera a lume di candela – per laurearmici poi alla Scuola Normale Superiore di Pisa e proseguire con un Master a LUISS Management, Roma. Specializzata in missioni impossibili… (così dicono) ho un pregio: non mi arrendo mai. E un difetto: non mi arrendo mai!

Mi hanno molto colpito i tuoi articoli sul tema del Real-Time Marketing, tema del quale mi sono occupato in diverse occasioni anch’io. Aiutami a ribadire il concetto… Cos’è davvero il Real-Time Marketing?

È l’arte di saper approfittare subito della news appena uscita, inattesa e che “spacca”, di un evento o un fatto casuale beccato al volo e rilevante: rilanciandolo live entro contenuti collegati al brand, così amplificati in diffusione, resi virali, dalla popolarità della notizia stessa.

Si parla infatti di «instant marketing», «newsjacking», per dirla con David Meerman Scott, guru del settore: l’arte di «injecting your ideas into a breaking news story and generate tons of media coverage». Si tratta dunque di una comunicazione coinvolgente e proattiva, non programmata né pianificata, spiazzante e per ciò proficua, inusuale ma in ciò tanto più efficace, ove il brand si mette in gioco con testa e cuore per “divertire responsabilmente” il cliente-utente.

Non è perciò solo attualità, qualsiasi contenuto rinviante a un fatto «che accade in questi minuti». È piuttosto «ciò che si fa in questi minuti». Una tattica strategica che, oltre al suo riferirsi al real-time, si decide nel real-time. Nulla a che vedere, insomma, con i post social-pubblicitari premeditati, studiati a tavolino su eventi previsti o prevedibili, feste o ricorrenze, Natale, Pasqua o eclissi. Solo approfittando ora di qualcosa d’inatteso e caldo, che accade ora, si creano memorabilia: come con Oreo – ormai caso di scuola – col suo «Dunk in the Dark» durante il blackout del Superbowl, ma anche il Selfie dell’Oscar, il caso #TheDress, o ancora in Italia Barilla con la sua comunicazione sulla famiglia o le famose foto arcobaleno nel caso «Gay Marriage».

Non so se sei d’accordo, ma spesso nel marketing (soprattutto digitale) scoppiano vere e proprie mode, non sempre legate a un’effettiva utilità delle stesse. Cosa differenzia il Real-Time Marketing da una semplice moda del momento?

Che lo s’intenda sempre più come moda è vero: così però si perde di vista l’obiettivo. Il Real-Time Marketing utilizza sì la notizia come leva di promozione: è in ciò strumento commerciale, di tendenza. Ben di più, però, è quella che io chiamo una delle «4 R» – insieme a «Real Time Social Caring, Ruvida Ironia, Rule 80-20» – costituenti le tattiche decisive della strategia di un social media marketing mirante al ROI.

Una delle azioni decisive conseguenti all’attivazione di driver, decisioni strategiche ove il brand sceglie di mettersi in gioco fino in fondo: con cuore, responsabilità, caring a 360 gradi. In nome di un diverso concetto di “dollaro”, di monetizzazione del risultato: ispirato al principio «Vuoi vendere? Aiuta!». Sell? Help!, come sintetizzo spesso. Un orizzonte di senso in cui il ritorno sull’investimento non è uguale all’utile, bensì all’utilità, la Youtility di Jay Baer, l’«utilità per te»: dove ROI equivale a responsabilità. Dall’utile all’utilità: questa la svolta.

Come sempre succede, dietro attività dall’apparenza semplici si nasconde un vero e proprio mondo. Così è anche per il real time. Cosa significa in concreto, a livello progettuale, attuare una campagna basata sul Real-Time Marketing, considerando anche le necessità comunicative del brand, spesso non facilmente conciliabili?

La tua domanda ne cela una più ampia: il «Who, What, When, Where, Why» del Real-Time Marketing, nonché il suo «How». Chi fa #RTM? Come se ne definiscono ruolo, competenze? E come tecnicamente lo fa?

«Sono dei geni», si sente dire spesso. «Congratulazioni al #SMM, un mito». Le cose però sono più complicate. Ridurre tutto a non specificate virtù fa dimenticare il vincolo di metodo e regole sempre chiamate a governare la creatività, affinché partorisca opere vincenti: sia in generale, sia perché senza risorse neanche il genio va da nessuna parte. Qui poi si parla di aziende: ogni risposta deve risultare coerente e in linea tanto col profilo del brand come con la sua policy di comunicazione.

Chiariamo dunque bene le condizioni – tutte necessarie, nessuna però da sola sufficiente – per la realizzazione di un simile progetto:

1) Disponibilità di budget e risorse per:

  • creare un team quantitativamente sostanzioso e qualitativamente ricco, con persone sufficienti a realizzare in 5 minuti quanto in genere richiederebbe ore di lavoro;
  • sostenere le spese connesse, specie in quanto impreviste. Soldi, cioè, che mettano in condizione la squadra di concretizzare il sogno, lavorando liberamente e velocemente: sia lato contenuti (piena accessibilità ad archivi di foto, grafici in grado di – e pagati per – realizzare miracoli al volo) sia in senso materiale (ad es. nel caso «birra in stazione» di Ceres», la possibilità di mollar tutto e volare a Termini con 3 birre e un iPad ad hoc).

2) L’essere smart del brand:

  1. di chi ci lavora: i “capi” o i reparti aziendali impattati, con cui occorre condividere il messaggio da diffondere e da cui spesso si deve aver ok;
  2. dello staff dedicato: che dev’esser sveglio, se no addio genialate;
  3. last but not least, come sua immagine. Un marchio serio o serioso, istituzionale, deve comportarsi diversamente da un’azienda di birra o preservativi.
A mio avviso, in Italia si sta diffondendo troppo l’idea del Real-Time Marketing come momento di “svago”, giocoso, dimenticandosi invece che può essere anche portatore di messaggi ben più profondi. Un esempio è la liberalizzazione delle unioni gay in USA. È davvero solo questione di essere “simpatici”?

Il tono scherzoso, di «ruvida ironia» – per usare l’espressione già richiamata sopra – deve accompagnare sempre il Real-Time Marketing. Così come, però, il Real-Time Social Caring – un’altra delle nostre 4 «R tattiche» – che intrattiene, sì, ma utilmente. Diverte: ma con intelligenza. Solo così può imprimersi nella testa e nel cuore del cliente. Non si tratta dunque di puro scherzo, joke: qui l’azienda è chiamata a mostrare di aver davvero a cuore gli interessi del cliente, tutto ciò che può servirgli, essergli di sollievo o piacere, con cui può e deve oggi prendersi cura di lui. Disponibile anche ad alzarsi alle 4 del mattino per andare a recuperarlo in tangenziale, se l’amico resta bloccato di notte: come farebbe ogni vero amico.

L’attività social di brand come Ceres ha aiutato molto in Italia la diffusione di questa particolare forma di comunicazione. Quali sono a tuo avviso altri esempi vincenti di Real-Time Marketing visti in Italia?

Uno su tutti Ceres: negli ultimi due mesi in specie non ha mancato un colpo. Dal già citato caso «birra in stazione» – in cui in poche ore, in un afoso pomeriggio di luglio, riesce ad accogliere un cliente, Claudio Ponticelli, con birre ghiacciate per lui e gli amici al suo arrivo a Roma Termini, avendone intercettato il bisogno disperato di ristoro dopo il viaggio in treno da Milano senz’aria condizionata – alle epiche conversazioni estemporanee con Coca Cola per #venerdì17 – sull’onda del «#NoBirraFredda sì @CocaCola sgasata» come il peggio della sfiga che ti può capitare. Fino ai memorabilia messi in piedi il 24 dopo la notizia del pianeta #Kepler452b: «Non basta che ci sia l’acqua perché ci sia vita», cinguettano su social con mitica foto, precisando: «Siamo contenti che abbiano scoperto un pianeta gemello ma invitiamo la NASA alla prudenza».

Occasione in cui ben si muove anche Barilla, più tradizionale ma efficace – «A 1400 anni luce da casa, c’è casa» – o la new entry Control, noto marchio di preservativi: «1400 anni luce sono un bel viaggio. Per fortuna sappiamo come passare il tempo». Molti comunque i brand in allerta: ricordiamo ad esempio i divertenti scambi di tweet tra aziende per il lancio di #AlfaRomeoGiulia o la #festadelbacio. Con riserva, però: il tipo di occasioni, previste da calendario, non può escludere che si sia trattato di azioni programmate. Divertenti, efficaci e innovative: ma non «Real-Time Marketing».

Chiudiamo, come di consueto, con un tweet… Real-Time Marketing perché…