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Scritto ascoltando: Robbie Williams –Advertising Space 

L’advertising sui social è ormai entrato tra gli strumenti essenziali per ogni attività strategica di marketing digitale. L’ampia audience disponibile, le possibilità di profilazione, le opportunità creative delle diverse forme proposte (inserzione, post sponsorizzato, Canvas) le rendono uno strumento davvero performante. Non a caso negli anni si sonno affiancate alle già affermate Adwords di Google, dividendosi con loro gran parte del budget delle aziende.

Tra le social ADS a farla da padrone è senza dubbio Facebook. La maggiore diffusione del canale ed i notevoli perfezionamenti realizzati nel tempo rendono le campagne su FB una certezza per i marketer. Più semplici e con un bacino maggiore di Twitter, più economiche di LinkedIn e, soprattutto, con l’integrazione di Instagram… vi basta?

Ma buone non significa perfette. Confrontandomi con imprenditori sento sempre più spesso di scarsi risultati ottenuti, di budget enormi gettati al vento. Beh, come dico sempre, non basta lo strumento, conta come viene utilizzato. Non basta fare Facebook Ads per ottenere risultati, bisogna farle BENE. I numerosi setting disponibili sono essenziali per portare performance e non sono, come pensano troppi, così banali da gestire.

E poi c’è sempre l’elemento più rilevante e poco (purtroppo) considerato: l’analisi! Prima di partire con le sponsorizzazioni è vitale analizzare la nostra realtà, i prodotti, la concorrenza, le buyer personas. Un lavoro non certo di poco conto.

Ma come sempre sono qui per darvi una mano (o almeno provarci!). Se anche le vostre Facebook Ads non portano i risultati sperati ecco qui alcuni punti che dovreste subito controllare!

SCARSA TARGETTIZZAZIONE

Lo so. È molto più comodo “sparare nel gruppo”, magari utilizzando le funzioni di sponsorizzazione rapida con le loro impostazioni di base. Ma, spiace dirlo, difficilmente così otterremo risultati concreti. Certo, like e vanity metrics non mancheranno, ciò che mancherà saranno prospect reali, persone cioè davvero interessate alla nostra azienda ed ai suoi prodotti/servizi.

Parlo anche a voi che vi accontentate di selezionare la location (5/6 stati contemporaneamente) e magari un paio di caratteristiche demografiche.

PIXEL E MISURAZIONE

Premessa: non si vive di soli pixel. Detto ciò però le possibilità di misurazione date da questi strumenti sono uniche e spesso vitali. I dati ci permettono non solo di valutare il ROI, ma soprattutto di comprendere come rendere sempre migliori le nostre sponsorizzazioni.

Non dimenticate mai che le Facebook Ads non sono one shot, il lavoro non finisce all’approvazione, ma continua passo passo per correggere e perfezionare le inserzioni.

Il principio è di non accontentarsi dei numeri che Facebook dà sulle inserzioni, metriche che raccontano il giusto. Oltre al pixel ci sono altri piccoli consigli da seguire per ottenere dati “reali” sull’impatto che le ads hanno sul business della nostra realtà.

  • Far atterrare l’utente su una landing page dedicata. Grazie a Google Analytics potremmo sapere molto.
  • Usate dei link? Bene, passateli prima in tool come Bitly. Un modo semplice e veloce per ottenere riscontri e tracciare i click ricevuti.
  • Se il nostro sito è su piattaforma WordPress, adottiamo plugin come Jetpack: capiremo quanto traffico proviene da Facebook.  
  • Applicare sistemi di marketing automation, come Woopra o Marketo, per identificare il pubblico che è stato coinvolto nelle ads. 
CUSTOM AUDIENCE, LOOKLIKE E RETARGETING

Se siete stati bravi e avete installato i pixel potrete anche usufruire di strumenti unici e potenzialmente utili a realizzare campagne decisamente migliori. Sistemi non per professionisti alle prime armi certo, ma neanche così complessi da non considerarli.

Tramite il pixel di tracciamento possiamo infatti creare un pubblico basato sugli utenti che visitano il nostro sito o, addirittura, chiedere a Facebook un gruppo di utenti che hanno le medesime caratteristiche di questi ultimi. Simile il principio della custom audience, in cui siamo noi a caricare indirizzi mail su Facebook e avere come risposta un pubblico composto da chi tra quelle mail possiede un account Facebook.

Sempre grazie al pixel possiamo effettuare campagne di retargeting, “inseguendo” quegli utenti che hanno visitato particolari pagine del nostro sito. Un bombardamento a volte eccessivo, ma che può spingere alla conversione.

ADS: QUALE FORMATO?

È indubbio che il buon Mark abbia dato agli inserzionisti numerosi strumenti, compresi una grande varietà di formati ads. Tanto che a volte si tramuta in confusione però. Risulta facile perdersi nelle tante forme di advertising proposte: facciamo un’inserzione o un post sponsorizzato? Un video o uno slideshow? Ci buttiamo su i nuovi Canvas?

Una risposta assoluta non c’è, certo è che a volte la semplicità paga, soprattutto quando il budget non è enorme. Detto ciò il consiglio è di analizzare bene le necessità dell’azienda e la tipologia di pubblico a cui vogliamo parlare. A questo punto non ci resterà che… testare. Testare sempre e continuamente per comprendere meglio la strada a noi più adatta.

CONTENUTI TROPPO AUTOREFERENZIALI

Gli utenti credono poco alle aziende. Una certezza confermata da diversi studi negli ultimi anni. Un elemento che va assolutamente considerato e che deve spingerci a creare contenuti, anche nelle ads, il più possibile coinvolgenti, in grado di generare fiducia e relazione.

Person to Person, una formula che non va mai dimenticata, nemmeno quando parliamo di pubblicità. Dare voce ad utenti e dipendenti, una via che in questo senso può essere vincente. Perché non creare ads partendo dagli User Generated Content ad esempio? Oppure facendo mettere la faccia ad una persona del team o ad un cliente soddisfatto.

Perderemo qualcosa in professionalità ed istituzionalità, ma probabilmente arriveremo meglio ai nostri target, generando conversazione e fidelizzandoli. L’obiettivo finale in fondo è sempre quello!