Che l’influencer marketing stia sempre più prendendo piede nei budget dei brand è un dato di fatto, una realtà confermata dalle numerose campagne a cui ormai frequentemente assistiamo. Ma parliamo pur sempre di marketing e digitale e quindi meglio far parlare i dati. Giusto per dare un senso di ciò secondo Linqia, 170 marketer intervistati hanno dichiarato che spendono solitamente tra $25,000 e $50,000 per progetti con gli influencer. Numeri rilevanti che nel 2017 dovrebbero addirittura raddoppiare.

A darci una mano in questo senso arriva una nuova ricerca di Chute, realtà specializzata in visual marketing e specialmente in progetti legati ad Instagram. Non certo un caso, Instagram (come vedremo) è uno dei canali più utilizzati quando parliamo di influencer.

Un report che può certo aiutare a capire lo stato dell’influencer marketing, ma soprattutto i possibili trend per il 2017.

Perché lavorare con gli influencer

La principale resta la visibilità, l’opportunità di fare awareness e poter raggiungere un pubblico nuovo, possibilmente diverso da quello “classico”. Un obiettivo che ben si sposa con il coinvolgimento degli influencer, anche se più attento al lato quantitativo che non a quello qualitativo. Una dimensione, quella della qualità, che però è subito dietro. Segue infatti il desiderio di raggiungere l’audience adatta al mio brand/prodotto.

Interessante la risposta sulla volontà di superare i limiti degli algoritmi che regolano i social, cercando una maggior spontaneità dei risultati rispetto alla ormai doverosa necessità di ads.

Stupisce, in parte, l’ultima posizione riguardo l’obiettivo di coinvolgere i millenials, un target affine come nessun altro agli influencer (basti pensare ad alcuni youtubers). Se è vero che ad oggi non hanno grande potere d’acquisto lo è altrettanto che saranno loro i consumatori di domani e instaurare relazioni salde con loro oggi potrebbe rivelarsi un vantaggio domani.

I canali più utilizzati nell’influencer marketing

Come detto a comandare è Instagram, seguito a distanza da Twitter e Facebook. Non certo un caso. Instagram si presta per natura a questo tipo di progetti, fornendo l’ambiente giusto e soprattutto l’opportunità di misurare attentamente l’andamento della campagna. Vantaggio che premia anche Twitter, che era e resta un riferimento.

L’ottimo funzionamento degli hashtag e della ricerca interna è un altro fattore chiave, che è una grossa spinta in fase di outreach e selezione delle figure giuste da coinvolgere. L’individuazione resta una delle principali preoccupazioni per gli addetti ai lavori.

La misurazione dei risultati

Una parte rilevante e spesso complessa. Come ho detto spesso l’influencer marketing è più complesso da valutare rispetto ad altre forme di marketing digitale. La componente qualitativa è infatti preponderante e non sempre facile da misurare. La ricerca di Chute pone l’accento sulle metriche più legate al mondo social, engagement su tutte.

Il lato “quantità” è però sempre presente. Molto importante resta infatti la reach, per molte realtà (fore troppe) l’elemento essenziale. È da qui che nasce infatti l’abitudine a scegliere gli influencer sui follower (!).

In ultima posizione l’impatto sulle vendite, qualcosa sì di connesso al trust e all’autorevolezza dell’influencer ma difficile da mettere in diretta connessione. Se poi ci pensiamo bene, l’aumento vendite è un obiettivo che deriva da tutti gli altri: visibilità, engagement, reputation, ecc. La somma di questi è in grado di creare vera influenza sull’acquisto.

Il compenso

Arriviamo ad uno dei nodi dolenti o, almeno, una delle questioni su cui gravita maggior interesse. Secondo l’indagine il metodo più utilizzato è il pagamento per post o video realizzato, perfettamente in clima con la sempre crescente professionalità degli influencer. Sempre gradito l’invio di prodotti o servizi in regalo, una prassi che tenderà a perdere rilevanza a mio avviso.

Più il compenso è performance oriented, più le cose si fanno complicate. Sicuramente interessante come idea, ma che necessità dei giusti strumenti per essere portata avanti. Una scelta non per tutti quindi.