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Scritto ascoltando: Lily Allen – Fuck You

Si dice che non bisogna mai rinnegare ciò che si è. Non è saggio né tantomeno positivo per il proprio karma. Sì, quella strana sensazione stile leone in gabbia, quel prurito che sale ricordandoti che, forse, stai dimenticandoti di qualcosa. Far finta di nulla non solo ci farà venire l’orticaria ma rischia poi di farci fingere (e magari credere) di essere qualcos’altro, ciò che non si è.

Sembrerà strano, ma non è sempre facile capire la propria natura, guardarsi allo specchio e riconoscersi senza indugi. È molto più semplice a volte capire cosa non si è. Beh, diciamo che con gli anni questa seconda parte l’ho chiarita: non sono una persona a cui piacciono le etichette e i giudizi facili. Sì, quelli lanciati dai piedistalli e che con tanta “spocchia” professano verità assolute, mascherando quella spinta polemica che tanto sa di click baiting. Le verità che così spesso ritrovo negli articoli di Domenico Naso.

Mi era già bastato (e avanzato) il suo articolo sugli influencer, una sterile polemica travestita da crociata, tanto sterile da far invidia alla campagna del Fertility day. Sì, una gara a chi ce l’ha più lungo, ostentando etica, professionalità, “ma i giornalisti”. Avete presente, no?

Mi continuo a ripromettere di non prestare attenzione e non farmi rovinare le giornate da queste tematiche profonde come un bicchiere d’acqua (vuoto), ma il News Feed di Facebook sembra proprio non voler rispettare questa mia volontà. Qualche giorno fa mi ha regalato un’altra perla del buon Naso: Giocare a SuperMario fa di te un idraulico ad honorem? No. E scrivere su Facebook non fa di te uno scrittore. Il post, ops, articolo, partiva da una verità incontrovertibile, la scrittura non è facile e non è quindi per tutti. E grazie al cazzo. Anche fare il falegname, il panettiere non è facile. Ci voleva Naso per scoprire che ogni lavoro necessita di sensibilità e di inclinazione.

Un’inclinazione che riconduce a Hemingway o Pavese, ma che alla fine si riduce ad un’appartenenza più che un talento. Come se un tesserino bastasse a fare di te uno scrittore. E no, caro Naso… partiamo con tanti proclami, ma poi si finisce sempre lì, alla difesa di un diritto che pare divino e che avrebbe molto da fare autocritica. Di esempi geniali ce ne sarebbero a milioni, ma qui tutto tace, nonostante i lavori dovrebbero essere svolti da chi li sa svolgere. Appunto. I sondaggi su “Quale terremoto ti abbia più scosso” non abituano i lettori a qualità infima, fanno peggio. Racimolano like come quelle webstar dementi che citi o come certi tuoi post che polemizzano ad arte. Ma più leggo l’articolo più mi accorgo che non c’è volontà di difendere la scrittura, quanto invece un mestiere, un mestiere in crisi anche e soprattutto a causa di chi lo svolge. E allora penso che non valga, che non sia giusto, che tutto ciò di buono che poteva esserci si spegne in un istante.

Scrivere non è affatto un mestiere di merda, è un tremendo piacere. Ed io, che ho imparato a conoscermi lo grido: scrivo sul web e me ne vanto, fregandomene altamente. Perché scrivere è esprimersi e per esprimersi basta la volontà (ed il coraggio) di farlo. Geni della letteratura hanno cominciato come signori nessuno, senza il minimo riconoscimento, seguendo solo una spinta interiore che li opprimeva, andando oltre i Naso del tempo che dicevano che non potevano e dovevano lasciar fare a chi di dovere. In mezzo a loro mediocrità e tanta merda, ma per ogni tonnellata di escrementi c’è anche del buono. Poco, pochissimo, ma qualcosa di valore c’è. Idem sul web.

Chiamatemi usurpatore, opinionista da tastiera, a me non frega niente. Continuerò, per dispiacere di Domenico e di tanti altri “tesserinati”, a scrivere e se ciò vi dà così tanto fastidio fate una cosa, una semplice cosa: non leggetemi. Sopravviverò, ve lo assicuro.

PS: davanti ad una pagina bianca io godo. Sappiatelo.